Il musical Hair fra rock e ribellione di una generazione hippy.
Verso la fine degli anni ’60, precisamente nel 1967, le contestazioni giovanili, gli hippie e i capelli lunghi, l’attacco al perbenismo delle vecchie generazioni, il pacifismo ostentato, la guerra del Vietnam e la proclamazione del libero amore, ispirarono due attori disoccupati James Rado e Gerome Ragni a sfidare la tradizione portando in scena uno spettacolo di rottura che rivoluzionasse l’ambiente impomatato del teatro musicale e portasse sul palcoscenico l’energia che si sentiva per le strade.
«James Rado e Gerome Ragni decidono di scrivere un musical che racconti il modo di vivere dei giovani della loro generazione, che dia voce alla loro protesta, che affermi la loro identità e i loro valori, che testimoni il loro fermo rifiuto di prendere parte ad una guerra che nessuno di loro aveva voluto e lo fanno attraverso il loro linguaggio e la loro musica: il rock.» VENTURINO, Musical: istruzioni per l’uso, p. 112
Il debutto off Broadway
La prima rappresentazione di Hair avvenne nel 1967, in una sala off Broadway in cui si svolgeva una rassegna di teatro sperimentale; lo spettacolo non ebbe un buon riscontro, ma venne notato da un produttore Michael Butler che decise di investire sul progetto spostandolo in una sala più adatta, una discoteca. Ma le cose non migliorarono, quindi chiuse la produzione e chiese agli autori di riscrivere completamente lo spettacolo, allungandolo, dandogli una forma più compiuta.
Chiese poi a Galt MacDermot, il musicista canadese, di aggiungere nuove musiche e al regista Tom O’Horgan di ristrutturare lo show, per tentare il salto a Broadway.
Hair: il debutto ufficiale
La scommessa ebbe un esito positivo e Hair debuttò a Broadway nel 1968, rimanendo in cartellone fino al 1972. Gli autori lo definirono “The American tribal love-rock musical” proprio per distinguerlo da tutto ciò che li aveva preceduti.
Al centro della vicenda c’era la Tribù, il gruppo di hippy che passa il proprio tempo tra una protesta contro il sistema, e l’organizzazione di falò pubblici con le cartoline di precetto, tra il culto degli allucinogeni e l’amore libero. La Tribù incontra un giovane perbene, pronto ad arruolarsi per il Vietnam e cerca in tutti i modi di fargli cambiare idea, esponendogli canzone dopo canzone un’altra filosofia di vita. Ma il giovane partirà e morirà in guerra, lasciando gli altri sconvolti dall’evento.
La cultura hippy nel Musical Hair
I motivi ricorrenti erano sicuramente temi cari ai giovani dell’epoca: l’anti- militarismo, il rifiuto dichiarato nei confronti della guerra del Vietnam e il contrasto con la cultura dominante, l’antiproibizionismo, la natura, la pace, il sesso e l’amicizia, i capelli lunghi che in quel periodo rappresentano un vero e proprio affronto alla società.
Il pubblico e la critica furono divisi, da un lato schiere di giovani hippy che lo acclamavano eleggendolo a manifesto del loro movimento, dall’altra il pubblico maturo e conformista che gridava allo scandalo querelando lo spettacolo e lo staff.
Fu proprio questo lo spirito che portò Hair a diventare un capolavoro di quegli anni. Questo spettacolo teatrale rappresenta perfettamente, in scena e anche fuori, lo scontro generazionale che inneggiava gli animi e la rottura tra un passato conservatore e statico che non voleva rendersi conto di un cambiamento imminente. La nuova visione, a qualsiasi livello, doveva essere quella di adattarsi alle novità e iniziare a pensare con una nuova mente, meno arroccata sulle convezioni e sui pregiudizi del passato.
E’ interessante ricordare che anche in Italia venne rappresentata una versione di Hair da un gruppo di attori emergenti capitanati da Teo Teocoli e Renato Zero nel 1968. Ma il grande pubblico conosce questo show grazie alla rivisitazione cinematografica del 1979. La trama originale fu notevolmente cambiata in funzione dei nuovi tempi: in undici anni la mentalità, la cultura e i problemi sociali erano mutati e il book originale, al di là del contesto sessantottino, perdeva il suo fondamento. Molti dei valori e degli ideali per cui si era lottato erano stati conquistati e nuove problematiche sociali erano avanzate. Inoltre la trama si basava sullo sviluppo psicologico dei diversi personaggi, in quella veste, si adattava poco ad una versione cinematografica.
Le canzoni più belle di Hair: il primo vero rock musical
Oltre che per i temi trattatati, Hair è senza dubbio uno dei musical più unici del periodo. A renderlo tale sono la celebrazione palese delle droghe, la score completamente rock, una vera novità per Broadway, una messa in scena non proprio classica cioè senza un plot narrativo e drammaturgico preciso, senza un vero protagonista, con un cast interamente composto da giovani artisti sconosciuti e con poca esperienza fra i quali una giovane Diane Keaton. La scena di nudo collettivo poi generò un certo scandalo e un clamore che accrebbero la curiosità nei confronti di questo spettacolo.
Ogni canzone era parte integrante della vicenda, uno score fresco ed energico a partire da Aquarius, l’inno alla nuova era, passando per Easy To Be Hard, più riflessiva, fino alla dolce Frank Mills e al gran finale con Let The Sunshine.
[gutenberg_form id=2388]«In una Broadway stagnante e chiusa ormai in un circolo vizioso, Hair arriva come una ventata d’aria fresca a risollevare le sorti del musical americano, il rock porta i giovani a teatro e ricompone la frattura creatasi all’inizio del decennio proprio rompendo la tradizione: non è né un musical operettistico né un musical jazz, è qualcosa di totalmente nuovo, è rock, è l’espressione della nuova musica e dei nuovi tempi, è il segno che è ora di rinnovarsi e di aprirsi a nuovi temi e nuovi linguaggi, finalmente il teatro musicale torna ad essere espressione artistica del proprio tempo.» VENTURINO, Musical: istruzioni per l’uso, p. 114