Musical: gli sviluppi Europei fra nazionalismo e romanticismo

Durante la seconda metà del XVIII secolo vi fu un’altra reazione contro gli abusi in nome di un ritorno alla purezza drammatica. Ciò sfociò nell’azione riformatrice di Gluck e di Mozart che ridussero l’ampollosità e la retorica a vantaggio di un chiaro svolgimento dell’azione e di una maggiore aderenza della musica alle situazioni e ai personaggi dell’intreccio: il primo mantenendosi entro il filone della classicità e scrivendo sia in italiano sia, soprattutto, in francese, il secondo sviluppando liberamente il genere del dramma giocoso, nonché dando impulso alla nascente opera tedesca.

Tale riforma «se non abbatté il predominio dei cantanti, permetterà ai compositori dell’ultima parte del secolo un maggiore approfondimento drammatico ben ravvisabile nelle opere serie […soprattutto] di Mozart. Lo schema resta ancora quello degli anni precedenti, ma all’interno si avvertono già i segni premonitori del romanticismo. Da qui si può dire che nasca (oltre che dall’opera buffa) la nuova opera romantica, la quale mostra sin dagli inizi i caratteri del nazionalismo. Infatti sin dalla fine del Settecento alcuni tipi di opera fioriti fuori dall’Italia, come l’opéra comique in Francia o il Singspiel tedesco vennero a contrastare il primato fino ad allora assoluto dell’opera italiana.» AA. VV., L’Universale, n°12, p. 616 
Semplificando al massimo, uno degli aspetti che rendeva simile l’opera europea, senza distinzione geografica, era l’alternanza di parti parlate e parti cantate, ma la differenza stilistica musicale principale era legata all’uso di questa alternanza di recitativi e arie: l’opera italiana era suddivisa in numeri musicali e cioè arie, duetti, cori, i quali erano raccordati dai recitativi cantati, accompagnati solo dal clavicembalo e dal basso, noti come recitativi secchi; nel teatro musicale comico francese e tedesco (vale a dire nei generi dell’opéra-comique e del Singspiel) i recitativi secchi erano invece sostituiti da dialoghi parlati come nel teatro di prosa. Successivamente il recitativo accompagnato dall’orchestra fu inglobato nel numero con la denominazione di scena. Alla forma dell’aria subentrò quindi quella di scena e aria. Recitativo accompagnato e recitativo secco vissero a lungo fino ai primi anni dell’Ottocento, finché il secondo cadde in disuso, sopravvivendo un po’ più a lungo nell’ambito del teatro musicale comico.

L’alternanza di parti recitate e di scene cantate è uno degli elementi presenti ancora oggi in quasi tutti i musical, meno in quelli del tipo opera rock (vedi ad esempio Notre Dame de Paris, debuttato a Parigi nel 1998 con musiche di Riccardo Cocciante) che affidano l’intero svolgimento della vicenda al canto eliminando completamente il recitato.

Ma tornando alla storia, il sentimento di nazionalismo fece emergere delle distinzioni molto forti nello sviluppo del genere opera, sia legate al territorio sia al background musicale e culturale precedentemente presente in quelle zone; furono divergenze che connotarono il teatro musicale e lo rafforzarono stilisticamente con forti contributi anche nei confronti del nascente musical.

In Italia dominarono personalità molto forti e significative. Rossini ad esempio esaltò e portò a conclusione la grande tradizione settecentesca dell’opera buffa con una comicità assoluta e con moderno surrealismo, mentre per l’opera seria inglobò elementi di importazione francese, il tutto intriso di finali e concertati di grandi proporzioni, perfezione formale, culto del belcanto. Lo stesso Rossini, negli anni parigini, inaugurò con Guillaume Tell il genere della Grand Opéra, dal quale anche il musical prende spunti che vedremo poco più avanti. Bellini e Doninzetti furono all’origine del vero e proprio teatro musicale romantico italiano, nel quale il belcanto fu asservito al pathos, la storia medievale e moderna fu la fonte di ispirazione e il finale lieto diventò spesso tragico (fenomeno che accadrà anche nel musical più moderno). Le melodie impiegate ebbero un gusto più popolare e proprio per questo motivo il confine fra opera seria e opera buffa apparve più labile e venne superato.

Verdi «raccolse questo teatro popolare e gli diede nuovo vigore. Almeno fino alla metà del secolo l’opera italiana venne incontro alle esigenze del popolo che affollava i teatri offrendo vicende romanzesche ricche di colpi di scena, basate su un conflitto bene-male, sull’innocenza perseguitata e riconosciuta, sulla morte liberatrice […] Anche quando approfondì il suo linguaggio e si accostò alle altre correnti musicali europee la sua concezione del dramma musicale non cambiò: rimase passionale e appassionato, posto al servizio della situazione scenica e del conflitto tra i personaggi.» AA. VV., L’Universale, n°12, p. 618 

Nei paesi di lingua tedesca prevalsero invece il rifiuto per il razionalismo settecentesco e per il belcanto italiano, così i compositori degli inizi dell’Ottocento, prendendo spunto dalle fonti nazionali e dal Singspiel, accolsero il romanticismo. Alcuni sostengono che in questo genere si trovino interessanti riflessioni in relazione al musical.

Il Singspiel si caratterizzò, come visto precedentemente, per l’alternanza di parti parlate e parti cantate in lingua tedesca, i brani vocali furono generalmente semplici e strofici, simili ai Lieder e appartenne alla sfera del teatro popolare. I recitativi quindi, a differenza dell’opera italiana che li vedeva cantati, erano parlati; come genere, essendo in lingua locale, era di regola destinato ai piccoli palcoscenici. I soggetti prediletti erano fantastici, favolistici o parodistici di facile presa sul pubblico. Nonostante la sua apparente semplicità, il Singspiel nel tempo diventò oggetto di interesse di molti musicisti degni di nota. Fu Mozart che lo elevò, come dimostrano i suoi due capolavori Il ratto nel serraglio e Il flauto magico, alla base della fondazione dell’opera nazionale tedesca.

Il modello tedesco successivo, interessante per la nostra trattazione, fu quello di R. Wagner, che rivoluzionò dalle fondamenta il genere operistico, eliminando le forme chiuse e il protagonismo dei cantanti e strutturando le sue partiture in chiave sinfonica intorno ai Leitmotiv o temi conduttori. Questi furono e vengono tuttora utilizzati molto spesso anche nel musical, in quanto sono temi musicali ricorrenti associati ad un personaggio, un sentimento, un luogo, un’idea, un oggetto. Possono essere una breve melodia, un accordo, una figura ritmica che delineano il personaggio e aiutano il compositore ad amalgamare la vicenda e spesso a raccontarla senza l’uso delle parole. Per citare un esempio di uso del leitmotiv nel musical basta pensare al successo di Garinei & Giovannini con musiche di A. Trovajoli “Aggiungi un posto a tavola” (1975), in cui spicca l’omonimo e indimenticabile motivo conduttore suonato dall’organo che accompagna a tratti lo spettacolo. Il modello wagneriano estremamente ardito fu alle radici della musica moderna e nei decenni seguenti fu assorbito anche dalle scuole operistiche italiana e francese.

Ma torniamo alla Francia. La riforma di Gluck trovò terreno fertile poiché gli eccessi “belcantistici” non erano ben visti. I valori drammatici gluckiani, in epoca napoleonica e rivoluzionaria, furono man mano arricchiti di un’insolita grandiosità del linguaggio armonico e strumentale, di elementi esotici e di azioni coreografiche sfarzose che, come abbiamo visto, erano già prerogativa francese. Tutto ciò confluì nella Grand Opéra che dominò le scene francesi fra il 1820 e il 1870, sostituendosi alla tragédie-lyrique molto in voga fino a quel momento.

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