Il musical italiano all’estero: fra traduzione e adattamento alla cultura inglese
Il problema della lingua è sempre stato uno scoglio per le produzioni italiane. Il musical moderno si è sviluppato essenzialmente in area anglosassone. America e Inghilterra condividono la stessa lingua, perciò il problema di dover stravolgere completamente il progetto non sussiste, semmai viene adattato al gusto del pubblico e aggiustato leggermente. Ma in Italia la conoscenza della lingua inglese era piuttosto vaga e ancora oggi non è appannaggio di tutti, cosa che ha escluso, se non per rare eccezioni, dal circuito delle produzioni internazionali. Negli ultimi anni ci sono stati diversi sforzi su più fronti per presentare al pubblico sia il genere che la cultura del musical.
I primi ad affrontare il problema della lingua furono proprio Garinei e Giovannini. Si trattava di esportare all’estero le loro produzioni e la scelta operata è quella dei sopratitoli. Al di sopra del palcoscenico viene posizionato uno schermo sul quale compare la traduzione di liriche e dialoghi. Questo sistema permette sicuramente di apprezzare lo spettacolo in lingua originale ma è faticoso e fastidioso per il pubblico dover leggere continuamente sullo schermo per comprendere la vicenda, perdendo la bellezza delle scene e le sfumature sul palco. Inoltre, spesso la traduzione è approssimativa a causa dello scorrimento veloce delle scene, rischiando così di non far comprendere bene al pubblico i sottintesi, le connotazioni, lo humour del testo originale. Del resto anche la traduzione completa dello spettacolo crea gli stessi problemi.
Rugantino all’estero in lingua originale con i sopratitoli
Il problema di Rugantino a New York fu poi caratterizzato dalla complicazione di non essere parlato in italiano puro, ma in romanesco. Ad ogni modo il fatto curioso è che, durante quel tour, si dice che in sala fossero presenti molti italiani emigrati in America e si fosse generato il fenomeno della doppia risata: prima quella degli italiani che capivano subito la battuta nel momento in cui era pronunciata, poi quella del resto del pubblico letta la traduzione.
Aggiungi un posto a tavola tradotto in inglese
Per Aggiungi un posto a tavola si decise per la traduzione ma questo comportò ulteriori problemi: primo fra tutti la traduzione delle liriche delle canzoni. La costruzione delle liriche va adeguata alla vicenda, non devono solo sposarsi convenientemente con la musica ma rappresentare l’intero spettacolo e fondersi con l’intento generale.
Esse permettono all’azione di progredire e comunicano al pubblico informazioni fondamentali per la comprensione del testo e dei personaggi, dunque la trasposizione deve rispettare fedelmente i contenuti originali per non danneggiare l’integrità e l’incisività dell’intera opera e in più lo deve fare nella griglia metrica della partitura. L’operazione di traduzione, vista la complessità già della scrittura originale, si fa ardua. Questo spiega il fenomeno di molti film musicali che nell’edizione italiana hanno visto doppiare solamente i dialoghi e lasciare intatta la parte musicale. Inoltre la struttura sintattica e semantica delle diverse lingue non sempre si adatta a certe strutture musicali.
«La figura professionale che si assume questo compito, oltre ovviamente a padroneggiare egualmente bene entrambe le lingue, deve anche essere perfettamente in sintonia con la cultura e la mentalità che stanno alla base del testo originale, ed essere un profondo conoscitore dei ritmi e della struttura del teatro musicale per poter rendere comprensibile ogni sfumatura, non solo di significato lessicale, al nuovo pubblico di riferimento.» VENTURINO, Musical: istruzioni per l’uso, p. 205
I musical tradotti in inglese e l’adattamento alla cultura italiana
Un altro aspetto importante da considerare è quello culturale. Alcune opere sono infatti fortemente legate alla cultura che le ha prodotte e nel momento in cui si tenta di tradurle ci si scontra con riferimenti culturali diversi.
“Aggiungi un posto a tavola” nella versione inglese risultò poco comico. La causa è da ricercare nei presupposti su cui lo spunto comico si fonda. L’intera trama, come abbiamo visto, si basa sulle tensioni provocate dall’infatuazione di Clementina nei confronti di Don Silvestro che è un prete e, secondo i dettami della Chiesa cattolica, deve rispettare l’obbligo del celibato. Le umane debolezze, i suoi imbarazzi, le reazioni alle provocazioni sono spunti comici e anche poetici dello show. Ma tutto ciò perde di significato per un pubblico che ha come riferimento la Chiesa Anglicana il cui voto di celibato dei preti non esiste. Quando queste differenze culturali non fanno parte dell’intreccio è sicuramente più facile sostituirli, ma se risultano fondamentali il musical perde di appeal.
La versione di Hair ebbe lo stesso risultato in Italia. Parlava di problematiche e realtà estranee alla nostra cultura, l’America era ancora molto lontana, la guerra del Vietnam non vedeva coinvolti nostri militari e quindi era solamente un fatto di cronaca internazionale.
Nel caso invece di spettacoli molto famosi, con una trama ormai consolidata nella memoria dello spettatore, anche la versione americana o inglese, pur non padroneggiando la lingua, può essere apprezzata. Il pubblico si focalizza meno sulle liriche e sui dialoghi e maggiormente sull’impatto scenico e sulla bellezza globale dello spettacolo. Il lato positivo sia della traduzione sia della versione originale ad ogni modo è quello di portare al pubblico queste produzioni, e diffondere la cultura del musical a livello internazionale.
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