Musical: Opera buffa e Opera seria
Tornando ancora una volta in Italia, nel Settecento l’opera viene riformata dal poeta Pietro Metastasio che, oltre a stabilire dei canoni formali relativi all’impianto drammaturgico e alla struttura metrica delle arie, escluse ogni elemento comico dal teatro musicale serio, determinando la nascita di un altro genere dove far confluire tali aspetti: l’opera comica, dapprima come Intermezzo tra gli atti delle opere serie, poi come genere a sé stante, confluendo nell’opera buffa e nel dramma giocoso. L’opera seria, largamente permeata di idee illuministiche proponeva, incarnati in personaggi ideali, valori astratti e virtù quali l’amore patrio, la rinuncia, la clemenza, il perdono. Gli spettacoli erano più essenziali dal punto di vista scenico, mentre musicalmente trionfava il virtuosismo canoro, sempre più estremizzato, e il cantante diventava una figura astratta e nobilitata al pari dei personaggi che interpretava.
«L’opera buffa si proponeva invece di trasformare l’opera in un genere in cui la gente comune potesse notare una propria somiglianza con i personaggi. Dal momento che l’opera seria era un costoso intrattenimento per Re e nobiltà, l’opera buffa venne realizzata per un pubblico più normale con problemi più comuni, [con lo scopo] di rendere intellegibile a tutti quello che veniva cantato dai personaggi.» Peter WEISS, James BUDDEN, Opera buffa, in “The New Grove Dictionary of Opera”, Londra, ed. Stanley Sadie, 1992
Il pubblico fu finalmente in grado di decifrare le parole pronunciate dai personaggi e la storia, abbinata alla musica, diventò comprensibile agli spettatori. Questo fu un rilevante movimento verso la musica laica e non più sacra e portò all’affermazione della musica come puro divertimento.
Anche se l’opera buffa si caratterizzò soprattutto per la presenza di personaggi fissi che rappresentavano i ceti popolare e borghese, con il compito di assolvere a ruoli predeterminati spesso da semplici “macchiette” derivate dalla commedia classica e dalla commedia dell’arte (il servo imbroglione, il vecchio avaro, il giovane di buona famiglia che si innamora della contadina o della prostituta), ci sono elementi su cui riflettere in relazione al musical.
In questo nuovo genere possiamo infatti riscontrare alcune delle specifiche che fanno del musical un successo: la capacità di rappresentare la società, di parlare con semplicità e immediatezza al pubblico, la trama basata sull’attualità e perciò l’immedesimazione dello spettatore con la sua storia moderna. Elementi che l’opera seria, con storie di eroi e divinità mitologiche e, solo di tanto in tanto scene comiche, raramente si assicurava nei confronti del grande pubblico. L’opera buffa, composta espressamente per il tipo di platea a cui era diretta e soprattutto in lingua italiana o francese, abbandonato il latino o il tedesco, riuscì ad affermarsi come puro intrattenimento accessibile a tutti.
Uno dei musical che sembra prendere spunti dall’opera buffa può essere ad esempio La La Lucille di George Gershwin, che debuttò a Broadway nel 1919. La semplicità della struttura e della trama e i personaggi e i temi ricorrenti fanno del primo musical interamente musicato da Gershwin una commedia leggera di genere buffo. «Lo spettacolo La La Lucille, sottotitolato A new up to the minute Musical Comedy of Class and Distinction, […] raccontava la solita love story romantica disturbata dal solito equivoco comico.» Gabriele BONSIGNORI, Dizionario del Musical. I musical teatrali di tutto il mondo dal 1900 ad oggi, Roma, Dino Audino Editore, 2006, p. 285
Il tema dell’amore e dell’equivoco comico con lieto fine tra i protagonisti apparve per l’appunto come uno degli elementi ricorrenti nelle opere buffe di quell’epoca. Il Settecento fu il secolo in cui l’opera buffa, grazie alle sue solide radici popolari e alla maggiore libertà di forme e contenuti, trionfò sull’opera seria. «Alla semplice alternanza di recitativi e di arie, subentrano duetti, terzetti, concertati ed elaborati finali […] Infinitamente più libera ed aperta al rinnovamento delle idee, l’opera buffa servirà da modello per la futura opera romantica.» AA. VV., L’Universale, n°12, p. 616
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